Giuliano Impagnatiello
La primissima sensazione che ho provato al cospetto delle opere di Elio Scarciglia è stata di estrema libertà percettiva, alla quale purtroppo non siamo tanto abituati, e che pertanto è capace di disorientarci. Questa assenza di vincoli e restrizioni visivo-esperienziali pre-fissati e familiari, ci proietta nell’Universo-Scarciglia, in cui il tempo è come congelato nell’attimo che precede immediatamente ogni creazione primigenia - come il big bang all’origine del cosmo o la fecondazione della materia organica. Passato il primo momento di (piacevole)disorientamento, l’osservatore attraversa la membrana virtuale che ‘separa’ le immagini di Elio dalla realtà ordinaria, per ritrovarsi all’interno di un mondo libero in cui le uniche regole sono quelle della luce, delle linee, dei lampi, delle superfici dai colori intensi e puri, dei riflessi. Inoltre l’amplificazione del dettaglio, cara ad Elio, sembra costituire il codice segreto, il canale percettivo d’elezione che permette di accedere a intime dimensioni di pensiero, mentre lampi e riflessi di luce ne solcano la storia.
Tutto ciò non ha e non può avere un unico nome possibile, ma la sensazione è che ognuno di questi elementi sia intriso del mistero esistenziale, e perciò ne riflette l’infinito ed affascinante silenzio, un silenzio che in sé contiene tutto ciò che si può immaginare e anche oltre.
Viaggiare attraverso le opere del Nostro è un’occasione per ‘purificarci’ da qualsiasi scoria, residuo, che spesso ci portiamo dentro come conseguenza del continuo filtrare il mondo visivo che ci piomba addosso quotidianamente.
Per dirla alla Semir Zeki – brillante neuro-biologo di ‘frontiera’ che si occupa anche di estetica e di percezione – vi sarebbe nelle opere di Scarciglia la possibilità di stati di coscienza ‘attivati’ da frammenti percettivi ed estetici: ogni frame visivo trova ‘casa’ in una micro-coscienza autonoma e separata, ogni immagine ha la capacità di far vivere una dimensione a sé stante e senza tempo.
Giuliano Impagnatiello