Serena Castro

Serena Castro


Passeggiando tra le immagini della mostra "Antologica" di Elio Scarciglia, la sensazione è di aprirsi ad un mondo dove gli elementi sono con noi in relazione ossia un universo non fermo nella pur estetica staticità della forma, bensì insinuante ed interlocutorio.
Ci sono dettagli, nei volti e nelle pose che aprono interrogativi o che suggeriscono visioni e stimolano (e quanto) al sogno, alla riflessione profonda.
Non si può certo rimanere con l'animo fermo difronte al volto antico di una donna che si offre alla nostra lettura come una storia intera: i suoi occhi raccontano eppure interrogano.
Né potremo sfuggire alla tenerezza che ci suscita un piccolo angelo dolente che apre una mano costernata dove vorresti deporre il tuo cuore se solo servisse a consolarlo.
C'è una grazia avvolgente e assolutamente non di maniera nell'offerta che Elio Scarciglia ci fa di fiori e frutta, c'è l'affermazione senza sbavature dell'incomparabile splendore del creato. Il suo modo di asserire è attento, personale, gli elementi vengono astratti dal loro ambiente naturale e messi letteralmente in luce, una luce che è anche interiore, che non interpreta bensì indica con semplicità mai banale.


Eccoci dunque al cospetto dell'eleganza regale di un fiore come un rosso uccello di fuoco in posa sopra al suo stelo a denunciare, senza superbia, pura perfezione. Ed ecco ancora regalato ai nostri occhi l'abbraccio sensuale di due peperoncini, immagine piena di eros e innocente passione.
Il melograno è un frutto, sì, ma qui diventa uno scrigno di perle inimmaginabili che sparse a manciata ci rendono avidi come pirati decisi a non farci scappare una ricchezza di molto oltre al contingente.
La dolcezza dell'intimo dialogo tra due fiori protesi l'uno all'altro come in un confidente cerchio amorevole fa sorgere il desiderio di capire il loro linguaggio e nei paesaggi silenziosi dei tramonti, sembra aleggiare il silenzio profondo della meditazione, quella che ci fa viaggiare dentro noi stessi e ci tiene lontani dall'umano dimenarsi di cui sembra una metafora l'immagine sfuocata di un lampo rosso, imprendibile segno del passaggio dell'uomo nell'immutabile tempo cosmico.
La vita pulsa in ogni opera: quella assorta e devota degli uomini di una processione e quella dirompente e quasi esplosiva di una verdissima mela cotogna; la vita tenera e giovane di una piccola tartaruga che si getta nelle onde e l'esistenza quieta, lenta e perfetta di una lumaca. Ed è sempre la vita a lanciare un grido di lacerante sofferenza dal pertugio della Casa Rossa di Alberobello, luogo che la Storia ha segnato con stimmate incancellabili.
Ancora, è il senso del tempo ad albergare nei volti e nei gesti antichi delle donne, lo stesso sguardo di una giovane madre keniota verso il figlio è sguardo atavico, fresco nelle forme ma denso di imperturbabile cura e saggezza materna nel contenuto come quella rappresentata nell'affresco in cui solerti mani di Madonna nutrono un Gesù bambino.
Un tempo che non corrode l'essenza è il protagonista di questo senso profondo dello scorrere rassicurante delle stagioni: la frutta è turgida e matura in estate e i rami esili dell'autunno celebrano la pienezza della stagione appena trascorsa tendendosi con grazia solare verso la stagione a venire.
Rompe un po’ il fronte della rappresentazione immediata la forza evocativa di certe fotografie meno formali, come i lembi di qualcosa di rosso, forse due petali di fiore accostati che lasciano una fessura tra loro, quasi un varco misterioso qualcosa che si schiude o che ci suggerisce un passaggio verso una conoscenza, uno stato dell'essere, una meraviglia....Dopo il primo impulso curioso (cos'è? cosa sarà?), oltre alla realtà oggettiva o le somiglianze (canyon, precipizi, crepacci?) c'è altro che attira nel mistero di certe immagini: il buio, forme circoscritte e misteriose in ogni modo attraenti tanto che risulta faticoso, quasi impossibile, fermarsi sulla superficie del rappresentato.


In questo zibaldone di un mondo artistico c'è ovunque suggestione e spinta, in ogni immagine si afferma l'intima poesia del creato e alla fine del viaggio nella poetica di Elio Scarciglia il suo maggior merito non è quello di lasciarci rassicuranti conferme sulla bellezza del mondo bensì un interrogativo ben lungi dal poter essere liquidato frettolosamente:
sappiamo esser degni di tanta stupefacente bellezza?


Serena Castro (Scrittrice- Università di Trieste)